I tre gechi del Salento

di Fabio Protopapa

La figura del geco è radicata nella cultura Salentina, tanto da divenire simbolo di un territorio selvaggio da conservare e rispettare.

Da tempi immemori i gechi dominano la macchia mediterranea, nascondendosi tra le pietraie e nutrendosi di artropodi. La salvaguardia delle tre specie di geco è di fondamentale importanza per mantenere un equilibrio stabile e delicato che dura milioni di anni.

Molto spesso questi sfuggenti e timidi animali sono sfortunatamente travolti dalle auto sulle strade oppure uccisi irragionevolmente dall’uomo per scarsa e confusa conoscenza sulla loro etologia e sulle loro abitudini. Inoltre l’utilizzo di diserbanti così come l’antropizzazione galoppante, ha contribuito in maniera significativa alla diminuzione del loro numero.

Il Geco Comune (Tarentola mauritanica)

Chiamato anche Tarantola muraiola, è il geco che più spesso osserviamo in natura. Questo bellissimo sauro è il più grande delle tre specie presenti nel Salento, il più robusto, tanto da essere definito simpaticamente “corazzato”: le prominenze coniche del corpo lo rendono più spaventoso, meno appetibile per i predatori naturali consentendone la mimetizzazione sulle irregolari porosità dei muretti a secco. La colorazione varia a seconda della zona di rinvenimento e a seconda dell’ora della giornata. Molto spesso ho sentito parlare di avvistamenti di gechi neri durante escursioni mattutine: questi stupendi animali, nelle giornate soleggiate, si spostano su massi e alberi di ulivo divenendo neri per assorbire i raggi del sole e per poter termoregolare (come si può vedere qui). Le sue pupille sono verticali, a losanga. Tutti gli animali che possiedono anatomia a losanga dell’occhio sono notturni. Infatti la pupilla verticale permette una visione notturna migliore nel momento in cui si dilata, mentre alla luce del sole si restringe permettendone una minor entrata della luce stessa. E’ stato visto che questa tipologia di occhio favorisce anche la caccia su superfici piane, orizzontali o verticali, e di piccolissime prede (ad esempio il gatto domestico a differenza di altri grossi felini ha una pupilla verticale).

Una particolarità: come le lucertole, i gechi possono perdere la coda per autotomia. La coda si stacca e inizia a dimenarsi per contrazioni muscolari proprie, distraendo l’aggressore e permettendo la fuga. Dalla lesione che si è creata non fuoriesce del sangue e ricrescerà una nuova coda che sarà più tozza e di un colore unico, nero-grigio.

Un’altra leggenda sui gechi è quella che narra delle ventose simili a quelle degli sturalavandini. Non è proprio così: sotto le zampe il geco comune possiede 14000 e anche più setae per millimetro quadrato che creano un’aderenza intima molecolare con le pareti e che gli permettono di resistere anche alla forza di gravità.

Collegato alla Tarentola mauritanica è il fenomeno del Tarantismo o Tarantolismo. In Puglia è famosa la festa di San Paolo e i suoi balli terapeutici a suon di tamburelli. La credenza popolare vuole che le fanciulle, morse dalla tarantola, andassero incontro ad uno stato convulsivo che veniva curato con la musica e il ritmo dello strumento musicale tipicamente salentino. L’animale incriminato varia da regione a regione. Primi tra tutti i ragni: la malmignatta (Latrodectus tredecimguttatus), dal morso quasi indolore ma molto pericoloso, causa di latrodectismo, e la tarantola (Lycosa tarentula), dal morso doloroso ma praticamente innocuo. Non ultimo il geco che nel nome scientifico ‘Tarentola’ si porta dietro la paura e l’ignoranza popolare. Ovviamente la Tarentola mauritanica non è velenosa e non morde, preferendo perdere la coda e fuggire piuttosto che combattere.

 Numerose sono le leggende su questo schivo animale che mi sono state raccontate. Prima fra tutte è la capacità del geco di creare gonfiore alle mani con un solo tocco; oppure di sporcare le lenzuola con macchie che resistono a numerosi lavaggi. Ovviamente sono solo suggestivi racconti dovuti alla presenza spettrale che tutti gli animali notturni richiamano alle nostre menti nel momento in cui li scorgiamo e con massima timidezza fuggono via dimenandosi.

foto di Fabio Protopapa.


Sono tantissimi e vari i nomi dialettali attribuiti al geco: primo fra tutti “Stijune” o “ Scajune”. E’ probabile che questo nome sia stato attribuito erroneamente, derivato da un altro sauro che vive nella Grecia orientale il Laudakia stellio, in italiano “stellione”, molto più grande del geco ma con una colorazione molto simile.
Altra denominazione è “lucertola fracetana”o “lucertola libbrosa” che a quanto pare descriverebbe come “fradicio e lebbroso” l’utilissimo rettile. A Cannole (LE) viene chiamato “zumito” ma l’origine del nome e la sua storia non è ancora chiara.

Può mangiare fino a 2000 zanzare in una notte e dunque tiene lontano biologicamente tutti gli insetti alla portata delle sue fauci.

Il Geco Verrucoso (Hemidactylus turcicus)

Il geco verrucoso o emidattilo turcico è molto diverso dal geco comune. Più schivo, frequenta di più gli ambienti rurali. Lo si può notare spesso attraversare le strade poco frequentate durante la notte. E’ più piccolo della Tarentola mauritanica: condivide spesso gli stessi habitat preferendo muri più bassi. Ha una colorazione più chiara, tendente al rosa con puntini bianchi e neri. La coda è lunga ad anelli chiari e scuri, soprattutto nei giovani. Se viene persa per autotomia, ricresce più scura (vale quello già detto per il geco comune). Nella foto in basso un individuo dalla particolare colorazione scura e senza la coda. Le pupille sono verticali e il muso arrotondato. Quando vengono catturati possono emettere un sibilo.


Per differenziarlo dal geco comune possiamo tener conto delle dimensioni, del colore e delle zampe. Il Verrucoso infatti oltre ad essere meno goffo e più esile, ha una tipica colorazione a macchie e i tubercoli sono meno sviluppati. Possiede cinque dita molto affusolate con dei lunghi artigli a differenza del geco comune che le ha arrotondate alle estremità. Anche questo geco possiede le setae che gli permettono di arrampicarsi su qualsiasi superficie. E’ prevalentemente notturno e si nutre di insetti e ragni. I nomi dialettali sono gli stessi del geco comune.

foto di Fabio Protopapa

 

Il Geco di Kotschy (Cyrtopodion kotschyi)

Questo favoloso geco che ho avuto la fortuna di osservare nel tarantino ha qualcosa di straordinario. A differenza degli altri due gechi non possiede le lamelle, ma ha delle dita lunghissime simile a quella delle lucertole con lunghi artigli (vedi foto in basso). Le lunghe dita se da un lato fanno perdere di adesione ai muri verticali, dall’altro permettono al geco di fuggire velocemente per nascondersi nelle pietraie salentine. E’ il più piccolo dei tre ed è molto raro da osservare soprattutto nel leccese, molto più comune nel sud delle Murge. Possiede pupille verticali ed è di colore grigio scuro. La testa è sfilata così come il corpo. Può avere delle bande sul dorso.

Una particolarità di questo geco è che preferisce le ore diurne per uscire allo scoperto, godere dei raggi solari e cacciare insetti. E’ definito semidiurno. E’ molto docile e difficilmente si dimena se viene catturato e perde la coda se si sente aggredito.

Questo geco è presente solo al sud della Puglia e in alcune zone della Basilicata. Pare sia stato introdotto con i carichi di legname provenienti dai Balcani dove è invece molto diffuso.

E’ difficile distinguerlo dai giovani di geco comune, anche perché la colorazione scura è presente anche per Tarentola mauritanica quando esposta al sole . Per differenziarlo è più facile concentrarci sulle lunghe dita, che inconfondibilmente lo rendono unico e speciale rispetto agli altri due.

 

Ed eccolo in questo breve video girato di primo mattino nelle campagne presso Massafra ( TA)

 

In alcune parti del mondo, I Gekkonidi sono adorati come divinità. In Polinesia si narra della leggenda del potente Dio Mo'o. La divinità è rappresentata come un gigantesco drago, capace di mutare in innumerevoli forme, tra cui quella del geco. Nelle Filippine, in Thailandia e in Afghanistan sono portatori di buona sorte e ricchezza.

Questi piccoli animali sono soliti entrare nelle villette di campagna per cercare rifugio e non è raro osservarli vicino ai lampioni mentre agilmente cacciano le falene e i minuscoli ditteri attratti dalla luce. I pesticidi e l’inquinamento hanno ridotto il numero disponibile delle loro prede costringendoli ad adattarsi all’ambiente sub-urbano dove la luce artificiale facilita la predazione e la sopravvivenza.

Cerchiamo di non ucciderli e di accompagnarli fuori dalla porta se li ritroviamo in casa: i gechi sono utili nel diminuire il numero di zanzare e di insetti che disturbano le calde notti estive Salentine.

Contro le zanzare dunque meno insetticidi e più gechi!!!

a cura di Fabio Protopapa, Herping Italia su Facebook