Pesci delle gravine.

Durante le mie escursioni in alcune gravine sono rimasto meravigliato di vedere in acqua dei pesci. Ne distinguevo chiaramente due specie che si differenziavano per dimensioni e colori. Ho tentato in varie occasioni di fotografarli, ma l'acqua delle pozze non è certo trasparente e anche se si intuiva di che cosa si trattasse erano foto abbastanza brutte. Così mi sono attrezzato con un piccolo acquario che ho portato sul posto, ho prelevato alcuni pesci e fotografati dentro l'acquario, una volta finito ho rimesso in libertà i pesci. Questo era l'unico modo per fotografarli bene, l'ho fatto perché mancavano delle foto decenti che identificassero con certezza questi pesci. Per l'identificazione mi sono rivolto agli amici del forum Natura Mediterraneo che hanno confermato che si tratta di due specie distinte.

L'Alborella comune (Alburnus alborella )

  E la Rovella (Rutilus rubilio)

Sono pesci di piccole dimensioni, l'alborella è mediamente sui 5/6 cm mentre la rovella è più grande in quanto può arrivare a superare i 15 cm. Queste sono le dimensioni medie che ho personalmente osservato in gravina. Ma come ci sono arrivati in gravina questi pesci, dato che non sono originari delle nostre parti ? A questa domanda Nicola Fortini, un ittiologo utente del forum Natura Mediterraneo, autore dell'Atlante dei pesci delle acque interne italiane ( che trovate qui)  mi ha gentilmente risposto così:

"La fauna ittica delle acque interne della Puglia è composta in massima parte da specie che sono state riconosciute come alloctone ( cioè non originarie) per il territorio regionale. Le due specie qui illustrate (Alborella comune Alburnus alborella e Rovella Rutilus rubilio) ne sono un esempio. Si tratta infatti di specie autoctone ( cioè originarie) del territorio italiano, ma con areali di origine circoscritti, rappresentati dall’area padana e da parte dell’Italia centrale nel caso dell’Alborella, e dal versante tirrenico dell’Italia centrale nel caso della Rovella, e quindi estranee alla naturale ittiofauna delle acque pugliesi.. Si tratta di immissioni mai svolte in modo mirato e ufficiale, di cui non si conoscono tempi né modalità, legate con ogni probabilità all’attività di pesca sportiva. È nell’immediato dopoguerra, infatti, che le amministrazioni locali di molte regioni italiane (se non di tutte) hanno praticato in modo massiccio le cosiddette “semine di pesce bianco”, termine un po’ impreciso che rappresenta l’introduzione di materiale ittico frammisto e non determinato proveniente da altre aree geografiche, essenzialmente allo scopo di aumentare la pescosità delle acque interne. Queste traslocazioni hanno coinvolto decine di specie ittiche, appartenenti prevalentemente all’ordine dei Cipriniformi, ed in misura minore a quelli dei Perciformi e dei Siluriformi. Ciò ha prodotto, nel tempo, squilibri  ecologici talvolta assai pesanti a carico delle specie naturalmente residenti nei singoli bacini, a causa di pressione di predazione, concorrenza alimentare ed inquinamento genetico da parte del materiale introdotto. Nel caso della Puglia, regione relativamente “povera” di specie dulcicole autoctone, l’impatto delle nuove presenze ha avuto, verosimilmente, ripercussioni negative sull’unica specie faunisticamente rilevante della regione, l’Alborella meridionale (o appenninica) Alburnus albidus, strutturalmente ed ecologicamente molto simile all’Alborella comune, pur essendone specie distinta. Questa, infatti, rappresenta l’unico endemismo dell’Italia centro-meridionale e meridionale, e la sua fragilità ecologica risiede proprio nella limitata estensione del suo areale. Il possibile contatto con le due specie illustrate rappresenta per essa un potenziale fattore di rischio a causa della possibile competizione trofica, soprattutto in ambienti di limitata estensione. Il popolamento ittico degli ambienti di gravina è –ovviamente-  vincolato alla permanenza di ambienti con masse d’acqua sufficienti durante tutto l’anno, ovvero alla permanenza di pozze d’acqua anche nei periodi più siccitosi, quando l’acqua scorre prevalentemente nel sottosuolo per lunghi tratti; la presenza di specie non autoctone (come appunto Rovella e Alborella) in questi contesti è da ricondurre ad immissione volontaria o accidentale, dovuta ad attività umane. Laddove l’immissione da parte dell’uomo si possa ragionevolmente escludere, è stata formulata l’ipotesi delle uova “aviotrasportate”: questa poggia sul fatto che le uova dei Ciprinidi vengono deposte fra la vegetazione acquatica in prossimità della riva, ed hanno un forte potere adesivo; si ipotizza che frammenti di vegetazione recanti delle uova, oppure le uova stesse, possano restare accidentalmente attaccate alle zampe di uccelli acquatici (aironi e simili in primo luogo), che, spostandosi da un bacino all’altro, fungerebbero così da inconsapevoli diffusori di specie che altrimenti non potrebbero in alcun modo raggiungere determinati ambienti. L’ipotesi non è stata mai confermata con sicurezza con osservazioni incontrovertibili, ma rappresenta un realistico e convincente tentativo di spiegazione di un fenomeno più volte osservato e altrimenti inspiegabile. "

Grazie Nicola per il tuo contributo, aggiungo che l'idea delle uova trasportate dalle zampe degli uccelli acquatici regge benissimo anche per le gravine. Infatti ho spesso notato e fotografato aironi e cicogne che sicuramente si spostano molto e potrebbero aver portato le uova da altri bacini. Ecco altre foto di questi splendidi pesci:

Alborella

Rovella

Di solito la presenza di pesci penalizza gli anfibi dato che le loro larve vengono mangiate appunto dai pesci. Ma le gravine sono così varie che offrono tantissime pozze che non sono frequentate dai pesci e quindi tutti insieme possono convivere in questo ambiente spettacolare ed unico.